La
meditazione insegna a togliersi la maschera ed essere.
Recitare davvero è andare oltre se stessi, superarsi.
Interpretare personaggi, secondo questa visione dell’arte della recitazione, vuol dire essere interpretati: l’attore come un flauto, una canna vuota che viene attraversata dalla musica del personaggio. Questo attore mette il suo corpo, la sua voce, la sua flessibilità alle emozioni al servizio del personaggio.
Recitare è smettere la maschera consunta del nostro ego, la trita recita quotidiana di noi stessi, dei nostri condizionamenti fisici, mentali, emozionali e, senza paura di annullarsi, lasciarsi recitare da colui che viene: il
Personaggio.
Una sera, un improvvisazione ci svela chi siamo davvero: Lui, l’attore, un uomo di settant’anni, acciaccato, coi piedi un po’ doloranti, la schiena rigida, limiti fisici ma non emotivi, evidentemente. Si lavora su un mostro in una commedia di Shakespeare.
Impersonare la rabbia e l’irresponsabilità che ci rende mostri, questa la metafora shakespeariana e questo il compito per il signor X.
Bisogna aggiungere che il signor X non sapeva la memoria del testo così bene … sapete, l’età … ma il mostro ha trovato tutte le sue parole per manifestarsi (ed erano proprio quelle di Shakespeare!). Già questo fatto può apparire inverosimile se non si è stati presenti a quella metamorfosi. Il signor X si trasforma davanti ai nostri occhi e osa giocare un ruolo al limite delle sue possibilità umane.
Rischia di perdersi e si lascia invadere …
Ci trascina con sé, tutti noi lì presenti sentiamo quella rabbia, oscuro disimpegno di una mente vittima e lamentosa, essa appartiene a tutti e il signor X, che ora non esiste più, ci rende consapevoli di questa piaga dell’essere, ci fa capire che il mostro non è fuori ma dentro di noi, il ridicolo mostro sheakespeariano un pretesto che svela la nostra stessa oscurità.
Il teatro è meditazione in azione, è gioco al di la dell’ego, è libertà interiore: scoprire che tu non sei quel personaggio triste che ti tiri appresso, e nemmeno quell’anziano signore con i piedi doloranti o la signora di mezz’età con qualche chilo in più, o il discolo di dodici anni irrequieto e mai fermo … puoi decidere di essere quello che vuoi tu, perché realizzi che tra te (o meglio la maschera che ti sei costruito negli anni) e qualunque altro personaggio non c’è differenza! E lo sperimenti fisicamente come è successo al signor X, non attraverso le parole dei guru che si leggono nei libri, o in qualche fortunata seduta solitaria di meditazione in cui si espande la tua perfetta coscienza! No, no Il teatro è generoso e condivide tutto, non sei mai solo su quelle tavole … è democratico, nasce in Grecia ad Atene, la prima polis, patria della democrazia! Allora su questo palcoscenico osiamo essere vuoti, agiamo e giochiamo … anche il dolore o la rabbia. To play a role. Gli attori ora come allora celebrano un rito collettivo, sono sacerdoti che liberi dall’ego fanno spazio ai personaggi, e guidati misteriosamente dal Sé conducono tutto il pubblico all’ origine … là dove si creano le maschere.
Quello che si è verificato durante l’improvvisazione è stato un salto: Il passaggio dall’
emisfero sinistro (
logico, razionale e conseguenziale) al
destro (
visione globale e senza tempo, intuitivo e giocoso). Il salto è stato talmente intenso ed improvviso che il ritorno sulla terra ha richiesto più di qualche momento di silenzio … Il mostro si è dissolto piano piano e il signor X ha ricominciato a parlare, sembrava rinato, gli brillavano gli occhi perché aveva visitato le terre dell’essere dove tutto è possibile, dove ognuno torna bambino ed esplora senza limiti l’immenso territorio della fantasia.